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In questa guida spieghiamo come unire le parti di legno.
UNIONI A LEGNO
Prima di affrontare la riparazione o la costruzione di un mobile è necessario conoscere i vari modi per unire due parti: si può ricorrere ai chiodi, alle viti, alla colla, o a una serie di incastri. L’un modo non esclude comunque l’altro, anzi si noterà che per rafforzare un incastro spesso si ricorre all’uso di un adesivo.
Come eseguire un incastro a mezzo legno
È quello in cui due pezzi sono uniti ad angolo (in genere retto) con l’uso di colla o chiodi (o di entrambi) predisponendo in essi una sede pari alla metà del pezzo più sottile (per questo si chiamano «a mezzo legno»).
Segnate la profondità dell’incastro con il graffietto sulla faccia laterale di ciascun pezzo; usate per squadrare la larghezza del giunto uno scalpello da legno in modo da formare un piccolo canale in cui si possa poi inserire la sega; togliete la parte di legno da eliminare con lo scalpello, lavorando nel senso della venatura. Si distinguono, in questo tipo di incastro, le unioni semplici da quelle ad angolo obliquo (quando i due pezzi vanno uniti per formare uno spigolo, le rispettive sedi saranno a forma di triangolo) e quelle a coda di rondine (in cui l’estremità di un pezzo sarà eliminata per metà, e per l’altra metà sagomata appunto a coda di rondine, cioè con due linee divergenti che partono dal pezzo stesso e vanno verso il suo esterno dove assumono una larghezza superiore rispetto a quella della base).
Questo tipo di unione serve, per esempio, a fissare la connessione fra il bordo laterale del ripiano di un tavolo e le gambe, oppure a collegare saldamente fra loro le parti di un telaio.
Come eseguire un incastro a tenone e mortasa
Si tratta del tipo di incastro più usato per giunti trasversali, cioè quando le fibre di legno non hanno la stessa direzione. Consiste in un dente ricavato in uno dei due pezzi, il tenone, e una sede corrispondente nell’altro pezzo, la mortasa. Il tenone deve entrare di precisione nella mortasa, ed è quindi essenziale misurare alla perfezione le due parti, lasciando tuttavia un minimo di gioco per la colla.
Costruite il tenone, il cui spessore deve essere pari a circa un terzo dello spessore del pezzo, tracciando sul legno, con un graffietto e l’uso accurato della squadra, i lati che delimitano la porzione di legno da tagliare.
praticate l’incisione con un seghetto a mano; predisponete la mortasa, fissando il relativo pezzo in una morsa, quindi con graffietto, squadra e matita segnate i lati della porzione di legno da eliminare;
intagliate, con uno scalpello da legno, il legno procedendo prima dall’esterno verso l’interno, poi dall’interno verso l’esterno, ma sempre con movimento verticale;
controllate che le pareti della mortasa siano verticali e ben levigate; in caso contrario, provvedete con lo stesso scalpello, o con una raspa; controllate con un centimetro che la profondità della mortasa sia quella voluta;
volendo potete procedere a questa operazione servendovi del pezzo con il tenone, inserendolo nella mortasa e procedendo a modificare le dimensioni di quest’ultima fino a quando non ci sia un inserimento perfetto;
tenete presente che le superfici del tenone devono avere una certa ruvidezza, altrimenti la colla non farà una presa perfetta.
In qualche caso il tenone può essere talmente lungo da attraversare completamente il pezzo in cui si incastra: in questo caso la mortasa assume l’aspetto di un foro a sezione rettangolare nel pezzo stesso.
Gli incastri a tenone e mortasa trovano molte applicazioni nella costruzione di mobili, soprattutto per quanto riguarda porte, ante, telai in genere, cornici ecc. Se avete effettuato la preparazione del tenone e della mortasa con cura, sarà molto semplice unire le due parti con la colla: in altre parole, non avrete neppure bisogno di fissarle in una morsa, ma sarà sufficiente appoggiarle su un piano. Qualora la mortasa, per un errore di misurazione o di esecuzione, risultasse troppo grande per il tenone, rimediate inserendo accanto al tenone uno o più piccoli cunei di legno.
Una derivazione dell’incastro a tenone e mortasa è quella in cui il tenone si inserisce in una mortasa «aperta» (vale a dire una mortasa aperta da un lato all’altro del pezzo):
predisponete in questo caso all’estremità del tenone due piccole fessure;
quando il tenone sarà inserito nella mortasa, potrete spingere due piccoli cunei di legno nelle fessure predisposte: in questo modo le estremità del tenone faranno maggiormente pressione contro le pareti della mortasa.
Un’altra derivazione è il cosiddetto incastro terminale. Il tenone, in questa caso, è costituito dall’estremità stessa del primo pezzo; la mortasa sarà una scanalatura larga quanto lo spessore del tenone, e lunga quanto la larghezza del tenone. È una formula ideale, molto resistente, per ripiani di scaffali ecc.
Come eseguire un’unione con linguetta e scanalatura
Consiste nell’unire due pezzi per mezzo di una linguetta che si inserisce, a pressione e con l’uso di colla, in due scanalature corrispondenti, prodotte nei due pezzi. Questo tipo di unione è particolarmente utile quando si tratta di fissare due pezzi sovrapposti, di dimensioni simili. Unico inconveniente da registrare è che, alle estremità, sarà visibile, in sezione, la linguetta. Il rapporto fra lo spessore del pezzo e la linguetta deve essere circa di 3 a 10: per unire due pezzi larghi 3 cm, cioè, ci vorrà una linguetta di poco inferiore al centimetro.
Alcune avvertenze:
disponete la linguetta, affinché eserciti una maggiore forza di coesione, nel senso trasversale della venatura;
verificate inoltre che sia della misura giusta,
perché se è troppo larga spinge verso l’esterno le due ali del pezzo in cui si è fatta la scalanatura, con conseguenze che possono andare dalla deformazione alla spaccatura del legno;
smussate infine accuratamente gli angoli della linguetta, proprio per favorire il suo inserimento.
Unica variante di questo sistema è la cosiddetta unione a linguetta fissa, dove sia la linguetta sia la scanalatura sono ricavate nello spessore di ciascun pezzo. Prima di procedere all’incollaggio delle parti, controllate che queste si inseriscano perfettamente l’una nell’altra.
Unione a coda di rondine
Si è già vista la coda di rondine a mezzo legno. Qui si tratta di esaminare la coda di rondine completa: quella, per intendersi, utilizzata soprattutto per formare angoli di cassetti, di mobili portanti ecc. È un’unione molto forte e resistente, ma ha un grande inconveniente: il suo intreccio resta visibile all’esterno di entrambi i pezzi. Per questo, in genere, si cerca di limitarne l’uso a parti non in vista del mobile, o a parti, anche se in vista, di mobili che subiranno in superficie un trattamento a lacca o un rivestimento di impiallacciatura o di laminati. Si tratta di predisporre in uno dei due pezzi una serie di tenoni a coda di rondine, vale a dire stretti alla base e più larghi nella parte terminale. Questo lavoro, come quelli precedenti, richiede una certa precisione e occdrre predisporre le sedi opportune, delle stesse misure. Il più delle volte, negli incastri a coda di rondine, c’è un’alternanza continua di code e di sedi: questo significa che in entrambi i pezzi si avrà la stessa successione di disegno, anche se uno parte con una mezza coda e l’atro invece con una mezza sede. Questo procedimento facilita non poco l’esecuzione del lavoro.
Tenete presente, tuttavia, che poiché entrambe le estremità di ogni pezzo devono avere la stessa forma (una mezza coda, si è visto, o una mezza sede) è necessario valutare con precisione le dimensioni delle code di rondine, dividendo la lunghezza del pezzo in base al numero delle code che vi si vogliono inserire. Le due metà terminali, ovviamente, contano per uno;
tracciate sul legno stesso le divisioni, e su queste riportate la sagoma delle varie code di rondine prima di affrontare il lavoro di ritaglio;
intagliate le code di rondine su un pezzo, quindi sovrapponetelo al secondo per disegnarvi la sagomatura esatta;
controllate che i due pezzi ultimati si incastrino alla perfezione (ritoccate con raspa e scalpello dove necessario);
incollate e mettete in una morsa, assicurandovi che l’angolatura fra i due pezzi sia esatta.
Oltre all’unione a coda di rondine semplice, vi sono alcune alternative. C’è, per esempio, l’incastro a coda di rondine semi-persa: consiste nel ricavare le code di rondine su un pezzo, accertandosi che la loro lunghezza sia inferiore allo spessore del secondo pezzo. In questo modo il primo pezzo si incastra nel secondo, senza che le sue code lo attraversino completamente. Il secondo pezzo presenterà così una parte esterna completamente liscia, senza traccia di incastro. Questo sistema può servire se, con l’incastro a coda di rondine, si vuole costruire anche la parte esterna di un mobile.
Altra variante è quella a code di rondine persa. Differisce dalla precedente in quanto le code di entrambi i pezzi sono più corte del loro reciproco spessore: in questo modo l’incastro, una volta effettuato, non è visibile dall’esterno né su un pezzo né sull’altro. L’unico inconveniente di questa unione è che la sua resistenza è in certa misura inferiore a quella dell’incastro a coda di rondine passante.
Un’ultima avvertenza per quanto riguarda la forma delle code. Il divario fra la larghezza della base e quella dell’estremità non deve superare in nessun caso un terzo dello spessore del legno, altrimenti ci sarebbe uno squilibrio troppo marcato che potrebbe causare deformazioni o spaccature.
Come eseguire un’unione con perni
Dove chiodi, viti e colla non sono sufficienti, vale a dire se l’unione da effettuare non è di dimensioni minime, la combinazione fra adesivo e perni (detti anche spine, o cavicchi, o caviglie) è certamente fra le più efficaci. I perni sono pezzi di legno duro (ovviamente privo di nodi o di altri difetti che ne possano indebolire la natura) il cui compito è di mantenere le due parti in posizione; hanno forma cilindrica, e le loro dimensioni sono dettate dalle dimensioni dei due pezzi da congiungere (in genere lunghi fra 3 e 5 cm, con diametro di 0,5-1).
Infilate prima i perni nel pezzo di sotto in cui avrete fatto una sede con un trapano e avrete versato alcune gocce di colla;
infilate poi sul loro vertice la seconda parte, preparata allo stesso modo;
eseguite con la massima precisione, per una buona riuscita di questa unione, le sedi per i perni misurando accuratamente le distanze; in caso contrario le due parti non collimerebbero alla perfezione, e almeno una delle due dovrebbe essere sostituita;
fate, lungo ogni perno, una piccola scanalatura, che consenta la fuoruscita di eventuale adesivo in eccesso;
pulite in ogni caso attentamente le possibili sbavature appena le due parti sono in contatto; infilate il perno in modo che forzi leggermente nella sua sede usando una mazza di legno o di plastica;
colpite con la stessa mazza dopo aver messo in posizione anche la seconda parte, facendo bene attenzione a non rovinare il legno (il metodo migliore consiste nel rivestire la parte da colpire con un pezzo di legno piatto).
Oltre all’unione con perno semplice, in cui un pezzo poggia direttamente sull’altro, c’è la cosiddetta unione con perno ad angolo semplice: i due pezzi sono ad angolo l’uno con l’altro e le sedi per i perni devono quindi essere predisposte per un’angolatura.
Occorre infine distinguere fra unione con perni interni e unione con perni esterni. La prima è quella più comune, i cui perni, a unione avvenuta, non sono visibili dall’esterno; la seconda, invece, è particolarmente usata quando si devono unire due pezzi di limitato spessore, e consiste nel trapanare le sedi fino alla fuoruscita dai pezzi stessi. Il perno, che in questo caso ovviamente sarà di lunghezza superiore allo spessore dei pezzi, dopo essere stato incastrato in posizione, sporgerà dalla parte esterna dei due pezzi uniti, e dovrà quindi essere tagliato a filo. L’unione con perni esterni è particolarmente robusta, quindi particolarmente indicata per oggetti come telai e cornici.
UNIONI A CHIODO
Quando si parla di chiodi, in questo contesto, si fa riferimento tanto ai chiodi veri e propri, quanto alle puntine o bullette. È tutta questione di dimensioni e di necessità.
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Affinate con una lima la punta del chiodo se il legno è molto sottile o delicato per facilitarne la penetrazione ed evitare di produrre una crepa nella venatura del legno;
spalmate il chiodo, se operate su legni molto duri prima di martellarlo in posizione, di lubrificante (olio, grasso, sapone ecc.);
se dovete unire un pezzo di legno duro A a un legno più morbido B abbiate l’avvertenza di far penetrare il chiodo dalla parte del legno duro, in cui non farebbe molto presa; in questo modo, dopo aver attraversato il legno duro, il chiodo raggiunge il legno più morbido in cui fa presa più facilmente (dett 1 e 2). Ciò è valido anche per le viti. Nel dettaglio 3, l’unione, essendo inversa, non terrà.
UNIONI A VITE
Sono, dopo quelle a incastro, le più usate nella costruzione del mobile.
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Le viti sono di tipo mordente, cioè si aprono da sé la via nel legno; occorre però dare loro un piccolo aiuto, effettuando nel legno un minuscolo foro con un succhiello il cui diametro sia circa la metà rispetto a quello massimo del gambo della vite. Ci sono, naturalmente, alcune eccezioni a questa regola
se dovete avvitare un foglio di legno troppo sottile o fragile o che comunque non richiede da parte della vite una pressione a dilatazione, predisponete uno o più fori A con un trapano B che abbia lo stesso diametro della vite C;
misurate, dapprima, attentamente e segnate poi con una matita il punto esatto in cui la vite dovrà essere inserita (una regola fissa anche per i chiodi e per qualsiasi operazione di giuntura); toccate, infine, appena con una punta di trapano leggermente più grossa D in modo da ottenere una sede E in grado di alloggiare la testa piana della vite;
appoggiate poi, per fare coincidere esattamente i due pezzi da unire, il pezzo forato sul secondo e segnate con una matita o con un punteruolo passante per i fori dove dovete allestire l’altra sede per la vite;
lavorate poi di succhiello (a metà diametro) e avvitate quindi le due parti, con o senza uso di colla.
Sovente, nella costruzione di mobili, succederà di dover inserire viti in posizioni piuttosto difficili, per esempio di traverso, o in un angolo non agevole da raggiungere:
praticate nel primo caso con lo scalpello da legno una sede adatta (dett. 1) affinché la testa della vite (inserita a 45°) possa poggiare su una superficie piana e non di traverso;
adottate questo tipo di intervento quando volete irrigidire l’angolo di un telaio traballante, dove gli incastri e la colla non sono stati sufficienti a conferire la necessaria rigidità;
utilizzate, nel secondo caso, un cacciavite a pressione (se non c’è spazio per girarne a mano uno normale) o un cacciavite curvo; se dovete fare una giunta a «T» inserendo la vite nell’estremità di un pezzo (nel senso della venatura, e quindi senza molta presa), inserite nel pezzo un perno A o spina, dopo averne allestito la sede con un trapano (dett. 3);
fissate la vite a questo punto attraverso il primo pezzo nel secondo;
se operate infine su due pezzi di legno troppo spessi (dett. 2) per la lunghezza della vite e questa corre il rischio di non mordere a sufficienza il secondo pezzo, create nel primo pezzo un foro con diametro pari a quello della testa della vite, e profondo quanto la metà dello spessore del legno; in questo modo la testa, ad avvitaggio ultimato, sarà appoggiata non all’esterno, ma all’interno del primo pezzo, e potrà mordere sufficientemente anche il secondo.
UNIONI A COLLA
Sono le più facili, ma anche le meno resistenti. Assicuratevi sempre che le facce da incollare siano ben spianate, e che aderiscano perfettamente; questo non significa, tuttavia, che debbano essere lucide come specchi, altrimenti sarebbe anche ridotto in misura considerevole il potere adesivo della colla;
spianate bene, se necessario, le due parti con una pialla o una raspa, poi carteggiate con cartavetro fine;
spalmatele di colla con un pennello, con movimenti regolari, «tirandola» in strati sottili; unite poi le parti, stringetele in morsetti e lasciate asciugare per il tempo richiesto dal particolare tipo di adesivo usato;
usate come regola colle molto diluite per i legni teneri, e poco diluite per i legni duri.
La scelta della colla è molto importante: le più sicure e meno laboriose sono le colle viniliche; le resine epossidiche, molto più resistenti a sbalzi di temperatura e umidità, hanno lo svantaggio di essere molto instabili in fase di lavorazione: uniti i loro componenti, infatti, tendono a seccare o comunque a perdere le loro caratteristiche in tempi abbastanza brevi; ciò significa che chi è lento per inesperienza potrebbe avere qualche difficoltà.
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Luca Detti
Luca Detti è un appassionato falegname e artigiano del legno, la cui dedizione per il suo mestiere si manifesta in ogni progetto che intraprende. Luca apprezza profondamente la falegnameria e vede in ogni opportunità un momento per crescere e migliorare. La sua ambizione è quella di eccellere nel suo campo, e la sua sete di conoscenza ed esperienza lo spinge a ampliare costantemente le sue capacità.